Armageddon rag

Armageddon rag

  • Titolo: Armageddon rag
  • Autore: George R. R. Martin
  • Casa editrice: Gargoylebooks
  • Anno: 2013 

Ormai il nome di G.R.R. Martin è legato a doppio filo alla sua produzione fantasy, avente come gioiello della corona la saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco (Game of thrones, in soldoni).

Rimane però spesso nascosta e misconosciuta la produzione precedente di questo autore, che anche se non avesse scritto il capolavoro incompiuto (per ora, ma forse per sempre) che è la storia di Westeros, con i suoi racconti e romanzi di fantascienza e dell'orrore si sarebbe comunque conquistato un posto nel pantheon degli autori di genere più apprezzati del secondo '900.

Di questa produzione, che dal romanzo di esordio Dyiling of the Light (La luce morente) del 1977 fino al qui presente Armageddon rag del 1983, proprio quest'ultimo si è rivelato il più grande incidente della carriera dello scrittore del New Jersey.  

Questo romanzo, infatti, in cui l'autore, il suo editor e la casa editrice avevano puntato in modo consistente e senza badare a spese (tanto che con l'anticipo il buon Martin si riuscì a comprare, in contanti, una casa) fu un flop di vendite clamoroso, tanto che per i successivi dieci anni nessun'altra casa editrice accettò i suoi lavori; infatti la pubblicazione di opere inedite dell'autore ripartì solo nel 1996 con il primo volume delle Cronache, Un gioco di troni.

Ma di cosa parlerà mai questo romanzo, che quasi riuscì a mandare all'aria la carriera di uno dei romanzieri più apprezzati e amati della nostra epoca?

Come tutti i romanzi di Martin, anche questo risulta complesso e di non immediata comprensione. 

In questo caso la sensazione di lieve straniamento che può provare un lettore di fantasy classico di fronte ai romanzi grimdark (un sottogenere che prevede un basso utilizzo della magia e la rappresentazione di un medioevo cupo e crudo) dello scrittore americano viene amplificata a confusione già per quanto riguarda l'inquadramento del genere della storia.

Infatti questa storia, che inizia come un giallo\thriller con degli elementi dei romanzi scritti sulla strada legati all'esperienza della Beat Generation e soprattutto della figura di Jack Kerouac, si trasforma verso la seconda metà del libro in una vicenda sovrannaturale\esoterica a forte sfondo musicale.

La storia inizia con il nostro protagonista, il romanziere Sandy Blair, che mentre cerca di lavorare infruttuosamente alla trentasettesima pagina del suo prossimo romanzo viene chiamato da Jared Patterson, suo vecchio socio e direttore del giornale di critica musicale e sociale Hedgedog, per il quale Blair è stato il reporter di punta fino a quando Patterson non decise di vendere il giornale e sgrossare l'organico di tutti i giornalisti troppo ancorati ai modelli radicali e graffianti del movimento hippy.

Il motivo della chiamata di Patterson è semplice: vuole affidare al suo vecchio collaboratore la stesura di un articolo riguardante l'omicidio di Jamie Lynch, il manager di moltissimi gruppi musicali in gran voga negli anni '60-'70, tra cui i Nazgul, la band heavy metal più impattante della loro epoca.

All'inizio Blair è riluttante, ma ben presto accetta l'incarico, anche se facendolo litiga con la sua compagna e con il suo agente letterario.

Inizia così per il reporter un viaggio che lo porterà da una costa all'altra degli Stati Uniti per intervistare ed investigare sulla morte dell'agente e sui retroscena che portarono la band più popolare del pianeta a sciogliersi dopo l'omicidio sul palco del loro frontman, Patrick Henry Hobbins, detto lo Hobbit. Ma il suo viaggio non sarà solo lavorativo: infatti durante i suoi pellegrinaggi in auto l'uomo si fermerà a salutare e rivedere anche i vecchi membri del suo gruppo di amici legati al movimento, venendo a scoprire che il tempo non ha cambiato solo lui, ma tutta la sua generazione.

Alla fine delle sue ricerche Blair giungerà a scoprire che un riccone di Beverly Hills ha intensione di riportare sulla cresta dell'onda i Nazgul, utilizzando un sosia dello Hobbit come sostituto, sperando che lo spirito dell'artista mossa scendere sul ragazzo...

Il romanzo si configura innanzitutto come uno struggente tributo alla musica e al movimento hippy che animarono il famoso '68, ma dietro a questo obiettivo semplice c'è di più, cioè una velata critica nei confronti degli anni '80 (anni ormai canonizzati come i più ottimisti e felici del '900); infatti in più parti del romanzo vediamo dei personaggi criticare l'eccessiva passività e indolenza dei giovani, che hanno ormai smesso di lottare per un mondo migliore e pensano solo a vivere la loro vita nel modo più comodo e felice possibile.

In quest'ottica il romanzo si pone come una critica al modello edonistico inaugurato negli USA dal presidente Ronald Reagan e diffusosi poi in tutto l'Occidente e imperante ancora oggi. 

Un'altra riflessione interessante da fare sul romanzo è l'uso delle citazioni tolkeniane presenti nel nome della band cardine della vicenda, i Nazgul, e il loro frontman, un albino chiamato Hobbit. 

Infatti, per quanto in Italia sia difficile da accettare, in America la trilogia dell'anello di Tolkien è stato da subito assorbito e adottato dal movimento hippy per i suoi contenuti bucolici e promulgatori di uno stile di vita semplice e rurale (in questo modo la Contea degli hobbit si configura come un vero e proprio paradiso hippy).

Questa politicizzazione delle opere del professor Tolkien, oggi molto meno operante per opera di ricercatori e studiosi che sono riusciti dopo decenni a ridare una dignità scevra da ideologie politiche e religiose all'Opera di questo grande scrittore, appare puntuale e ben amalgamata nel tessuto sociale in cui la storia è inserita, senza risultare un vezzo citazionistico come invece appare in molte delle opere che hanno voluto omaggiare altri grandi scrittori del passato.

Per finire non possiamo non chiederci: ma per quali motivi il romanzo andò così male?

Io credo che i motivi siano molteplici, non per ultimi quelli legati ad una difficile collocazione inerente al genere della storia; in quale scaffale doveva riporlo un librario: insieme ai thriller? Oppure tra i fantasy? O ancora a fianco delle letteratura non di genere?

Questo problema non riguarda solo la collocazione fisica del romanzo, ma anche la sua collocazione nei riguardi del pubblico: a quale lettore poteva interessare questo romanzo? Per un lettore di thriller l'indagine risulta troppo diluita e dall'esito banale, per un lettore di fantasy l'elemento speculativo è a dir poco insufficiente, mentre per un lettore di narrativa non di genere l'aggiunta di elementi troppo in linea con generi ben precisi potrebbe risultare sgradevole.

Altro problema del romanzo, e forse il più importante, è stato quello di criticare una società del benessere (gli anni '80), per glorificare i fasti di un'epoca più repressiva e più dura, anche se indubbiamente più autentica.

Per noi può sembrare un controsenso, ma per un ragazzo degli anni ottanta l'effetto nostalgia non era quello che è per noi oggi, e sentirsi definire come passivo e indolente deve essere stato visto come il giudizio attempato di un vecchio e acido scrittore nostalgico.

Tutti questi motivi hanno contribuito al fallimento economico del libro, anche se la sua qualità, oggi, risulta indubbia: anche se imperfetto, questo libro ha un'anima e una sua ragione di essere letto oggi più di ieri.

Per concludere, prima di dare un voto a questo romanzo, vorrei raccontarvi un ultimo aneddoto inerente a questo libro: anche se sancì la scomparsa di Martin dalle librerie per più di un decennio, è grazie a lui che questo autore iniziò a lavorare per la tv: infatti a seguito della lettura di Armageddon rag da parte di uno dei produttori l'autore venne ingaggiato come sceneggiatore per Ai confini della realtà, lanciando la sua carriera da sceneggiatore.

Carriera senza la quale non sarebbe mai stata prodotta la serie Game of Thrones.

Per cui, almeno a livello spirituale, possiamo affermare che Armageddon rag è stato il primo passo verso la creazione di una delle serie televisive più amate di tutti i tempi.

 

  • VOTO: 7,5 
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