Nel testo si alternano racconti lunghi ad altri molto brevi, per cui in alcuni si avrà la sensazione di scendere a picchiata nella psiche dei personaggi come se si trattasse di brevi romanzi, mentre in altri le svolte di trama rappresenteranno degli eventi molto particolari che non sfigurerebbero in pettegolezzi e leggende metropolitane.
Indubbiamente le narrazioni più emotivamente coinvolgenti risultano quelle lunghe, ma anche nelle storie brevi l'autore riesce sempre a dosare il tiro, inserendo anche in testi di un centinaio di parole quel quid bastevole a renderne la lettura interessante e inquietante.
La storia che apre la raccolta, e secondo me la più riuscita, è Come cani, la storia di un ragazzo nato e cresciuto nella campagna piemontese e figlio di un padre e una terra aspra e crudele. Questo racconto, in cui neppure il normale rapporto di affetto tra uomo e animale è concesso, immette subito il lettore nel pessimismo e nichilismo di cui tutto il libro è impregnato. Anche se questo è l'unico caso di un finale quasi positivo (dipende dai punti di vista) presente nella raccolta, la tristezza, l'inquietudine e l'ansia che questa vicenda genera accompagnerà il lettore anche dopo ore dalla sua lettura.
La raccolta prosegue con testi corti e altri più lunghi che indagano domande esistenziali del nuovo millennio (per esempio Dove vanno a finire gli accendini? Oppure cosa può succedere se una scolaresca si mette ad accumulare schifezze nell'armadio della classe? O anche: che farei se i miei pensieri più reconditi diventassero reali?).
La tematica del lavoro e del rapporto di coppia incrinato dalla routine e dalla precarietà economica è una tematica molto presente nei vari racconti, segno che l'autore, anche nel suo desiderio di affidare le sue storie al genere fantastico, non si sente scollegato dal tessuto sociale e dal periodo storico che lo circonda e nel quale vive.
L'ultima storia della raccolta e da cui questa prende il titolo, Un buio diverso, è anch'essa un grandissimo tuffo emotivo nella disperazione perché parla di una coppia che perde la propria bambina. Anche in questo caso, come in tutte le buone storie che raccontano di un dolore e di un lutto, si può riscontrare la terribile banalità del male: infatti la scena della perdita non è ambientata in una foresta oscura o durante un arcano rituale notturno, ma durante un pomeriggio invernale, in un supermarket addobbato a festa per il Natale.
Lo stile di Musolino è magnetico, ma anche freddo, quasi scientifico: non si crogiola mai in descrizioni violente e sferzanti, anzi la violenza è quasi sempre assente nelle sue storie: probabilmente l'autore ha appreso la lezione che i maestri del genere quali Stephen King o Alfred Hitchcock hanno sbandierato per anni spesso restando inascoltati: è la preparazione la parte fondamentale e paurosa dell'evento terrificante che ci spaventa, non tanto l'evento in sé.
La lunga attesa, il dubbio, il tarlo che ci raschia nel cervello: queste sono le sezioni più esposte e potenti della scrittura di Musolino. Ad accompagnare tutto ciò c'è una sintassi che si prende il suo tempo (senza diventare mai melassosa), giocando con vocaboli e descrizioni tecniche e a volte elevate.
C'è della poesia in questa prosa, però senza giungere mai al poetese.
Questo testo è un gioiello oscuro, come una gemma maledetta abbandonata in una vecchia fabbrica in disuso. Un volume imperdibile per gli estimatori del genere, al punto che questo è uno dei pochi testi italiani ad essere stato tradotto, venduto e comprato nel mercato anglosassone.
- VOTO: 10