Primi delitti

Primi Delitti

Titolo: Primi delitti
Autore: Paolo di Orazio
Casa editrice: D Editore
Anno: 2021 (Prima edizione 1990)
Edito in: Italia

 

L'Italia è famosa nel mondo per la pizza, l'arte e la dolce vita. Ma per chi ama le tematiche oscure e controverse sa che questo è uno dei Paesi più bigotti dell'Occidente, per cui non è strano che quando comincia a fare capolino un prodotto artistico e culturale così estremo parta la polemica.

Però è anche strano sentire che il governo condanni e censuri una raccolta di racconti horror per istigazione a delinquere nei confronti di minori. 

Eppure, è proprio la sorte che ha subito questo piccolo capolavoro. Ma di cosa tratta di così agghiacciante Primi delitti?

Di bambini. Di bambini che uccidono e che vengono uccisi, di bambini che seviziano, torturano, sono seviziati o sono torturati.

Ma partiamo dall'autore: per coloro che erano appassionati di fumetti e soprattutto di riviste di fumetti negli anni '90 il nome di Paolo di Orazio non risulterà di certo nuovo; infatti lui, insieme a un gruppo di amici con la comune passione per l'horror e lo splatter, fondarono e diressero la famosa e controversa rivista Splatter, magazine molto discusso e dalle storie crudissime che fece appassionare moltissimi giovani lettori al gore ma che allo stesso fece accapponare la pelle a molti genitori e amanti della formula "qualcuno pensi ai bambini", fino al punto che appena dopo un paio d'anni di pubblicazioni che stravendevano, la rivista dovette chiudere per l'enorme montagna di denunce e querele accumulate.

Fu proprio durante la circolazione della rivista che di Orazio (che era uno degli sceneggiatori di punta del magazine) fece leggere alcune sue bozze ad un suo amico editore che gli propose di pubblicare quelle storie come racconti.

Proprio a causa della loro genesi, lo stile della prosa dei racconti è essenziale, ridotta all'essenziale in tutta la sua forza sovversiva e inquietante, rendendo la lettura attuale come pochissimi testi di trent'anni fa riescono a essere, complici anche le illustrazioni in bianco e nero che precedono ogni racconto, in cui il tratteggio del gessetto bianco sullo sfondo nero fa immergere ancora di più nella psiche dei piccoli e disturbati protagonisti delle varie storie.

Per quanto riguarda le influenze di cui queste storie sono debitrici, a detta dello stesso autore troviamo in cinema di Dario Argento, i romanzi di Stephen King e i racconti di sangue di Clive Baker; oltre a dosi massicce di punk rock, heavy metal e adrenalina.

E per capire con quale animo lo sceneggiatore appena reinventato scrittore affrontò la stesura non posso che lasciare il posto alle sue stesse parole, presenti nell'Introduzione alla raccolta: "Volevo solo che fosse forte, non una pallemosce imitazione dei maestri del terrore. Istintiva l'esclusione del mostro sovrannaturale, il mio tema preferito. E, una volta tanto, l'intuito ci ha preso." 

Da parte mia, non posso che dar ragione alle parole di Orazio, perché i racconti presenti in questa antologia sono una bomba atomica che ti scoppia dietro gli occhi: per quanto ci siano storie più riuscite di altre come in tutte le antologie, qui il livello è sempre altissimo, con picchi che droppano il capolavoro indiscusso.

Non voglio parlarvi di tutti i racconti contenuti nella raccolta per non togliervi il piacere della scoperta nel caso in cui vogliate recuperare il libro e leggerlo, per cui vi farò solo una breve carrellata di un paio di titoli che possa farvi capire meglio di come viene affrontato l'orrore in queste storie.

Il primo racconto, Caramelle, da cui è stato tratto anche un fumetto per Splatter, ci mostra un rapporto nipote nonna malato e perverso, tutto incentrato sulla morbosa bramosia di dolciumi del nipote e dalla anziana che sembra godere nel fornire questi caria denti al nipote, fino al punto che i genitori del ragazzo non le proibiranno di continuare a fornirle al piccino, che allora metterà in atto una macabra vendetta.

Ne La mia bebisitter è un orco invece vediamo una bambina, figlia di genitori separati (gli anni '90 videro esplodere questo fenomeno) che ha, diciamo, un rapporto alquanto conflittuale con la ragazza che si prende cura di lei, fino al punto di identificarla con l'orca di una canzone che gli canta spesso il padre e da lì l'esito della storia è facilmente intuibile.

Ma il testo che secondo me, insieme a Peccati originali e Dal primo all'ultimo sangue, merita lo status di capolavoro è Il tacchino vuole giocare.

In questa storia, narrata dal punto di vista di un bambino molto piccolo (io direi tra i 4 e i 6 anni) e molto disturbato, vediamo uno spaccato della classica famiglia disfunzionale italiana degli anni novanta in cui a pagare psicologicamente il conto più salato è proprio il bambino: a partire da una madre che non riesce ad amare il figlio, al padre assente e distratto, questa storia mostra con disarmante sincerità come le richieste di attenzione di un bambino trascurato e non amato possano trasformarsi con il tempo in gesti sempre più sconsiderati e violenti, come ad esempio farcire il tacchino di Natale di schegge di vetro.

Per me questa è stata una delle letture migliori dell'anno, per cui la consiglio a tutti coloro che non hanno paura di vedere come i gesti di noi adulti risuonino e si distorcano dentro gli animi dei più piccoli.

  • Voto: 10
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