Adrian Borland: Meaning of a distant victory

Da sinistra a destra in senso orario: Marcello Nitti, Robert Borland, Mike Dudley e Giuseppe Basile a Londra.

Per questa intervista si deve fare una breve premessa: Giuseppe Basile, residente a Modena e nativo di Taranto, insieme al suo collaboratore e amico Marcello Nitti ha colmato una lacuna.

Ha infatti realizzato l’unico libro italiano e in italiano dedicato alla storia dell’inglese Adrian Borland: cantante, chitarrista, produttore discografico e paroliere di molte band ma soprattutto dei The Sound, gruppo dalle alterne fortune e dalle molte sfortune che con la sua carriera descrive una vicenda umana realmente toccante e che dovrebbe essere ascoltata al di là dei gusti musicali.

Il libro si intitola Adrian Borland - Meaning of a distant victory e appare per la prima volta nel 2016 in occasione della diffusione del documentario di produzione olandese (terra in cui Adrian era emigrato in cerca di successo) Walking in the opposite direction, il quale sta tuttora attraversando i festival cinematografici di tutto il mondo (in Italia è stato a Torino e Taranto).

Recensione di questo libro compare nella sezione apposita del sito.

Abbiamo quindi parlato con Giuseppe Basile per farci raccontare la sua opera e la sua passione. 

 

 

1) Michols Magnolia: “Qual’è stato il tuo primo incontro con Adrian Borland?”

Giuseppe Basile: “Ho conosciuto i Sound nel 1984, negli anni dell’università. Non riuscii a vederli dal vivo, ma mi appassionai subito alla loro musica. Jeopardy, From the lions’ mouth e All fall down li conobbi tutti insieme. La conoscenza dei Sound è stata per me forse la prima volta in cui, nella vita, sono riuscito a cogliere subito la grandezza di una nuova arte. Io da ragazzo non ero molto versatile musicalmente, ero conservatore, amavo ascoltare e approfondire i miei miti di allora, la musica dei Sessanta e Settanta, i Led Zeppelin, Janis Joplin, Hendrix, tutto il Progressive inglese. Il Punk-New wave non mi contagiò subito, ci volle del tempo. Ma non fu così per i Sound. Quando ascoltai Contact the fact, Sense of purpose, Party of the mind, ne fui travolto. Ascoltai allora il primo album, Jeopardy, e Unwritten law diventò ben presto una delle grandi canzoni della mia vita. Posso dire che capii la New wave attraverso i Sound. La New wave ce l’avevo nelle orecchie, ronzava intorno a me, la trovavo ovunque, ma non mi prendeva. Neppure i Joy Division, apprezzavo un po’ i Cure, ma non ero un loro fan. I Sound li trovai dal primo momento straordinari, con quelle tastiere misteriose, quelle atmosfere diverse, e poi quella voce intensa di Adrian: c’era qualcosa di epico nella loro musica.”  

2) M.M.: “Cosa ti ha spinto a passare da semplice fan a scrittore di un libro su una persona che ammiri?”

G.B.: “La curiosità. Il bisogno di capire, di scoprire quali fossero le vere ragioni per cui una band così non avesse avuto notorietà. In Inghilterra molti appassionati di musica e persino gente dell’ambiente specifico del Punk-New wave dicevano di non conoscere i Sound. Non ho mai smesso di documentarmi su Adrian Borland e i suoi colleghi. Naturalmente la svolta poi c’è stata negli anni 2000 quando sono stati gradualmente ristampati dalla Renascent tutti i cd e quindi leggendo le note interne di copertina, gli articoli di stampa, consultando il sito www.brittleheaven.com (che è stato fondamentale, per me come per tutti, un autentico faro che ha illuminato l’intera storia della band) ebbi occasione di leggere un annuncio pubblicato dal padre di Adrian.”

3) M.M.: “Hai conosciuto familiari e colleghi di Adrian per scriverne quindi?”

G.B.: “Ho conosciuto il padre di Adrian, certo, Robert Borland, dopo aver letto questo suo annuncio pubblicato sul sito della band col quale palesava a tutti il suo intento di realizzare un film documentaristico su suo figlio. Lo contattai immediatamente, gli dissi che avevo un video integrale del concerto tenuto a Taranto (la mia città nativa) dai Sound il 18 maggio 1985. Gli dissi che in realtà la qualità era pessima, ma lui volle vederlo ugualmente. Glielo inviai subito, ma gli mandai anche il mio libro, quello che avevo scritto e pubblicato nel 2007 per Geophonìe intitolato 80, New sound, New wave: vita, musica ed eventi nella provincia italiana degli anni 80: un saggio un po’ sociologico, un po’ di cronaca e foto con cui illustrai una storia di provincia legata alla mia città nella quale dall’82 all’87 passarono gruppi importanti come Bauhaus, New Order, Simple Minds, Ultravox e gli stessi Sound, oltre a Siouxsie and the Banshees e altri ancora. Fu un momento importante per noi giovani di allora e per la cultura di una città del Sud. Quando Robert ricevette il libro rimase molto colpito. Dei Sound, naturalmente, parlavo nel libro più degli altri e già in quella pubblicazione scrivevo che quella storia era il nostro contributo alla distant victory della band, cosa che poi abbiamo realizzato compiutamente con questo secondo libro.”

4) M.M.: “Quante volte sei stato nel Regno Unito per le ricerche?”

G.B.: “Sono stato tre volte a Wimbledon dal 2011 al 2015, ma nell’arco di questi anni mantenevo un contatto intenso con Robert. Gli chiedevo notizie, precisazioni, spiegazioni. Cercavo di non esagerare, non volevo disturbarlo, ma lui comunque era contento. A volte non mi rispondeva subito, altre volte mi indirizzava ad alcuni amici di Adrian, molto ferrati su tutta la vicenda.”

5) M.M.: “Cosa fanno attualmente gli altri membri dei The Sound, una delle principali formazioni di Adrian?” 

G.B.: “Allora Adrian venne a mancare nel 1999, mentre il tastierista Colvin Max Mayers scomparve il 26 dicembre 1993. Il bassista Graham Bailey anni fa si è trasferito negli Stati Uniti e su di lui non si hanno notizie particolari. Rimasto è il batterista Mike Dudley che oggi è un sereno signore di 68 anni, è in pensione, dopo aver lavorato come dipendente di uno studio medico associato per molto tempo ovvero sin dallo scioglimento dei Sound dell’87. Dopo la pensione, Mike si è stabilito nel Sud della Spagna, ha comprato un appartamento in zona collinare non lontana dal mare, ama girare in mountain bike e oggi sta anche riprendendo a suonare. Si sta esibendo qualche volta con Carlo Van Putten (noto amico di Adrian, che con lui scrisse due dischi con la formazione chiamata White Rose Transmission) e con i due chitarristi e il bassista dei Convent, anch’essi legati a Van Putten. In pratica un gruppo di vecchi amici. Queste formazioni avevano un loro seguito nell’alta Germania e in Olanda, mentre in Italia non furono mai distribuite e promosse. Quest’estate Mike è stato nostro ospite a Taranto, lo abbiamo portato un po’ in giro ed ha partecipato ad un festival musicale e cinematografico che si chiama Cinzella Festival. L’edizione di quest’anno comprendeva anche la proiezione del documentario su Adrian e i Sound - Walking in the opposite direction - con i sottotitoli in italiano, Mike ha risposto a molte domande di un pubblico ancora fortemente legato ai Sound e ad Adrian e molto attento a questo film documentario che è davvero bellissimo. Pare che sia imminente la pubblicazione di un DVD.”

6) M.M.: “Il libro in pillole: quante pagine, quante copie stampate, quante foto, quanti testi analizzati?” 

G.B.: “240 pagine, 270 immagini, molte delle quali inedite. 138 testi integrali, in inglese e con traduzione italiana: in pratica nel libro vi sono tutti i testi scritti da Adrian, da Jeopardy sino all’ultimo suo disco solista, quello postumo, Harmony & Destruction. Una monografia, una biografia, un libro documentaristico come il film. Robert Borland aiutava il gruppo dei produttori olandesi e noi italiani fornendo a entrambi gli stessi materiali di cui disponeva. Grazie anche alle interviste che realizzammo a Wimbledon io e Marcello Nitti, mio coautore, possiamo dire di aver finalmente capito tutto, di aver condiviso e salvato questa storia umana e artistica.”

7) M.M.: “Hai un aneddoto divertente da raccontare?”

G.B.: “I viaggi a Londra sono sempre entusiasmanti, è sempre bello scorrazzare per una città così ricca di attrattive. La seconda volta che ci andai, io, mia moglie e le mie figlie di 12 anni adottammo Robert come nonno, ce lo portammo a spasso ovunque e gli facemmo fare cose da turisti, che un londinese normalmente non fa mai!! Prendemmo un traghetto da Wimbledon anziché i treni e le metro e portammo Robert con noi. Gli domandammo: <<Ma tu non fai mai questi giri?>> e lui rispose: <<Assolutamente mai>>. Non andava in centro prendendo il traghetto ovviamente. Lo portammo a pranzo con noi in un posto fantastico che lui non aveva mai visto, la Trafalgar Tavern, una taverna meravigliosa a Greenwich, sul Tamigi, un posto inglese come pochi. Le mie figlie gli misero una corona di cartone in testa, eravamo a Natale, c’era un clima festoso. Un bel ricordo.”

8) M.M.: “Hai visto il documentario su Adrian Borland, Walking in the opposite direction (Regia di Marc Waltman): di fatto cosa ne pensi?”

G.B.: “Penso che il film abbia un grosso valore documentaristico, è un film-intervista, ma anche una storia cronologica dall’ascesa sino alla caduta di Adrian che costituisce una parabola molto toccante. Non ci sono altri film su di lui e credo che non ce ne saranno. Un film di valore anche per questo, per la sua unicità. Robert Borland è venuto a mancare il 9 aprile 2017, era molto anziano e sofferente ormai. Per questo credo che film e libro resteranno un unicum, mancando ormai i necessari interlocutori con cui realizzare altro. Aspetto con grande trepidazione il DVD.”

9) M.M.: “Hai mai visto Adrian dal vivo?”

G.B.: “Purtroppo non ebbi la fortuna di vedere i Sound dal vivo a Taranto, quella sera io non c’ero. Studiavo all’università, ero lontano. Vidi Adrian per pochi minuti solo una volta, nel 1990, quando a Bologna, in un centro civico, si esibì per un’ora circa. Lo vidi mentre eseguiva gli ultimi due brani, mi trovai lì per partecipare ad una festa privata, non sapevo che in quella stessa serata fosse in programma, proprio lì, un concerto di Adrian con i Citizens.”

10) M.M.: “Come si può acquistare il libro?”

G.B.: “Il nostro libro è acquistabile su Amazon.it. Il nostro vecchio libro del 2007 invece è acquistabile sul sito dell’Associazione Culturale Geophonìe.”

11) M.M.: “Ci sono persone o musicisti importanti vicino ad Adrian Borland che hanno il tuo libro?”

G.B.: “Ne ho regalata una copia a Mark Burgess dei Chameleons quando è venuto a Carpi a suonare, era un caro amico di Adrian. Abbiamo regalato delle copie anche ai musicisti inglesi che accompagnarono Adrian nei suoi ultimi dischi e che abbiamo conosciuto in occasione dei nostri incontri a Wimbledon. Ci hanno aiutato molto nella realizzazione. Ma anche altre persone vicine ad Adrian lo hanno ricevuto. Ad Amsterdam, dopo la prima del film al Festival Internazionale dei Documentari (IDFA, 16 novembre 2016), diversi musicisti e amici mi contattarono. Regalai una copia a Julie Borrowes, una fidanzata di Adrian che pure è presente nel film (e con una foto anche nel nostro libro). Dopo un certo tempo mi scrisse Stephen Budd, il produttore dei primi due dischi dei Sound, per dirmi che aveva acquistato il libro e che se ci fossimo conosciuti prima avrebbe potuto raccontarci tante altre cose. Ad esempio lui era al Marquee Club quando gli Outsiders salirono sul palco nel 75 con Adrian che cantava come un uragano e all’improvviso sul palco venne anche Iggy Pop.”

12) M.M.: “Ci sarà una versione in inglese od online?”

G.B.: “Non credo. Gli editori dei testi dei Sound e di Borland solista hanno concordato con me solo la pubblicazione italiana.”

13) M.M.: “Hai fatto o farai future presentazioni?”

G.B.: “Ho presentato il libro in varie città: Taranto, Bellaria, Brindisi, Lecce, Salerno, Bologna, Ferrara, Cremona, Pesaro oltre alla prima sera ad Amsterdam e quest’estate nuovamente a Taranto unitamente alla proiezione del film. Credo che la pubblicazione del DVD ci consentirà di girare ancora, forse a Roma e Milano.”

14) M.M.: “Fatti una domanda che non ti ho posto io e per favore datti una risposta!”

G.B.: “Qual è il valore artistico dell’opera di Adrian Borland? E la mia risposta è questa: quella di Adrian Borland e dei Sound è una storia musicale che custodiva al suo interno un valore letterario. Nessuno se n’era accorto. Adrian scriveva i testi con una grande sensibilità, con precisione, con un senso poetico che si coglie agevolmente nei suoi versi. Dobbiamo cominciare a imparare a leggere i testi degli artisti che amiamo, operazione questa che non abbiamo mai compiuto con la giusta dedizione. Bob Dylan ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura. Patti Smith la laurea ad honorem dall’Università di Parma. Questo è il tempo di capire che la nostra musica non è stata solo musica, ma talvolta molto di più.”