Intervista con i Synapsyche

synapsyche band

I Synapsyche, band ferrarese attiva già da diversi anni (2008) nel panorama harsh EBM italiano, hanno appena dato alle stampe il loro primo LP interamente autoprodotto “Crashdown Connected” (19 dicembre 2014).

Li abbiamo intervistati per i lettori di ..Gothic World.. per capire meglio e discutere la direzione verso la quale si sta muovendo l'universo musicale “alternativo” e “controculturale” nel nostro Paese e come si svolge il loro lavoro.

Com'è nata l'idea di Synapsyche?

[Stefano] – L'idea è nata spontaneamente da tanti fattori che si sono congiunti al momento giusto, ma non è nata proprio per caso! Personalmente, fin dalla prima adolescenza ho coltivato interesse per la musica, per softwares e attrezzature audio, ma anche per la letteratura e la filmografia di ambientazione gotica e fantascientifica. Tutto questo non aveva un denominatore comune fino a quando una cara amica mi fece ascoltare il primo pezzo EBM (Disolucion – Dulce Liquido), che in realtà non mi piacque tanto, ma mi rivelò un aspetto della musica elettronica che mi lasciò profondamente affascinato. In quel periodo cominciai ad approfondire la conoscenza di tutto quello che è la musica “industriale” e conobbi Marco (suonavamo insieme in un gruppo pop-rock) che a sua volta cominciava ad approcciarsi alla dark electro. Quando gli feci sentire quasi per scherzo le prime bozze di pezzi fatti in casa, lui si propose, altrettanto per scherzo, per scrivere un testo e registrarlo. Da allora non abbiamo fatto altro che diventare più professionali.

[Marco] – Appena sentite le prime note di quel pezzo prodotto da Stefano (che 5 anni dopo è diventata la attuale “Blame Index 100%”) rimasi folgorato! Mi sono reso subito conto che le capacità di Stefano nel comporre tali brani ed elaborarne dei bei suoni erano ben oltre la media, conoscendo anche la sua preparazione sulla teoria musicale e i suoi studi di conservatorio al pianoforte. Mi sono proposto per urlarci sopra senza avere la benché minima esperienza di scream o growl (avevo studiato canto pop per 2 anni e già parecchi concerti alle spalle, ma tutto senza mai un urlo!), eppure ero entusiasta di fare roba di quel genere, anche se era qualcosa nato davvero per gioco, per passatempo. E di quell'atmosfera abbiamo mantenuto nel tempo il divertimento e la passione, quelle sono le cose che in un musicista non devono mai mancare quando si trova a comporre.

Qual'è la vostra opinione riguardo alla scena harsh EBM / Dark Electro / Industrial / Aggrotech in Italia? In che misura trovate che si collochi all'interno del panorama europeo e statunitense?

[Marco] – Mi dispiace tanto dirlo, ma in Italia non esiste una scena EBM, almeno attualmente, ma solo qualche band qua e là. I presupposti perché ci sia una scena sono caratterizzati dal fermento, da una sottocultura realmente interessata e attiva, prolifica di band e musica, che si supporta a vicenda e che presenzia a più eventi possibile in tale ambito. Questo in Italia non c'è, perfino “gli amici” fanno fatica a venire al tuo concerto sotto casa, e gli eventi di tal genere (che pochi ottimi locali si sforzano di promuovere, con risultati alterni, anche se va loro la mia ammirazione e supporto), quando fanno gente, è perché dopo vi è in programma un party, magari a tema, spesso condito da belle ragazze in esposizione che aumentano la presenza di pubblico in realtà marginalmente interessato alla tua musica. Io non ho speranze di un superamento di tale condizione, ma resto fiducioso che questi eventi continuino ad esserci, per poter avere comunque quel poco di spazio di cui abbiamo bisogno per farci conoscere, anche se i veri fan in questo genere di musica te li fai con i tuoi pezzi online e i social network, non di certo con i concerti, che pure sarebbero un importante mezzo di sostentamento per le band.

[Stefano] – La subcultura industriale italiana è profondamente amatoriale. Come tutto ciò che è amatoriale, che sia musica, sport o hobby, è piuttosto ermetica, vissuta intensamente dai pochi appassionati, seguita con interesse dai pochissimi sostenitori ma fraintesa e guardata con indifferenza e scherno dal cittadino medio. I nomi rilevanti di eventi e locali italiani si contano sulle dita di una mano e spesso sono invasi da estranei, i “vanilla” dell'industrial, attratti da quello che ai loro occhi appare come stranezza e pronti a giudicare con italianissima superficialità. Le band che spiccano o hanno spiccato in passato sono in parte sciolte o emigrate all'estero (o entrambe), ma ciò non toglie che in Italia ci siano per l'EBM, e non solo, eccellenze musicali in grado di competere a pari livello con realtà europee e statunitensi. Anche queste si contano sulle dita di una mano.

Ho notato che la maggior parte dei muscisti italiani produttori di harsh e aggrotech hanno un passato nel rock e nel metal. Marco “Katatronik” lo chiedo a te perchè so che hai avuto questo tipo di esperienza: qual'è, a tuo avviso, la relazione di fondo che lega questi generi? Esiste una sorta di continuum tra essi?

[Marco] – A mio avviso, sta tutto nell'evoluzione dei propri gusti, se vogliamo un ampliamento di essi, che viaggia di pari passo con la propria crescita individuale. Il rock e il metal sono generi senza età che però hanno spesso secondo me un forte impatto giovanile, in quanto ribelle e “di rottura” rispetto a ciò che propinano radio e tv costantemente; c'è chi però (e all'epoca non facevo eccezione) si ritiene un eletto ad ascoltare tale musica e tende a snobbare e ripudiare qualsiasi altro genere, pur negandolo se glielo dici, senza nemmeno prestare un po' di attenzione ad essi e dando per scontato che fanno tutti schifo. Io, come molti rocker e metallari, superando questo limite, questa barriera, mi sono infine trovato davanti a un mondo, quello dell'elettronica, così ampio e tutto da scoprire, che da un lato mi ha aperto la mente e dall'altro, approfondendolo, mi ha dato moltissimi nuovi stimoli nella composizione musicale, pur ascoltando tuttora ancora molto rock e metal. L'aggrotech, l'industrial e l'EBM in generale sono a mio parere la via più facile per un metallaro di scoprire l'elettronica, in quanto i ritmi e i suoni sono più duri rispetto al synthpop, la dance, l'house... per non parlare delle vocals, la maggior parte delle volte urlate ed aggressive, in cui un metallaro può trovare pane per i suoi denti nonostante i suoni sintetici. Una volta varcata la barriera, e soprattutto superata la falsa credenza che a fare musica elettronica sono capaci tutti non essendoci strumenti da imparare a suonare (io vi sfido nella composizione di un bel brano electro e soprattutto nella sintesi del suono), inizi ad apprezzare musica che in passato non avresti mai pensato, fatta altrettanto con cuore e cervello.

Stefano “Mannequinetik” tu ti occupi del suono. Puoi raccontarci qualcosa di più sul tuo lavoro? Quali strumenti usi in termini di software, hardware, synth ecc.?

[Stefano] – Mi occupo della “genesi” delle tracce e della composizione dei pezzi, nella quale sono ovviamente coadiuvato da Marco, che si fa carico inoltre della stesura di tutti i testi. Come software-workstation uso da sempre FL Studio: so che tanti storceranno il naso, ma come velocità di scrittura e trasposizione da [Idea] a [Musica] è imbattibile. Per lavori particolarmente delicati, uso inoltre Presonus StudioOne 2 e Melodyne Studio. Gli strumenti e i processamenti sono virtuali in ogni fase del mio lavoro. Probabilmente se lavorassi su di un altro genere punterei di più sull'hardware, anche se le moderne simulazioni di macchine vintage sono davvero convincenti e risparmiano la inevitabile perdita di qualità nella conversione da analogico a digitale. È dall'età di undici anni che sono affascinato dall'idea di avere disponibile intere orchestre nel mio PC... La scelta di gestire tutto in-the-box è stata data non solo dallo spazio e dai costi, ma anche dal rendermi conto dei risultati indiscutibilmente più puliti, freddi ed asettici, in linea con il genere insomma; e dalla possibilità di “tornare indietro” a modificare qualsiasi cosa a qualsiasi punto e livello del lavoro, azioni che lavorando su hardware risultano impossibili o quantomeno lunghe e artificiose. Non uso mai loop preconfezionati, come non uso mai preset di fabbrica o di terzi utenti su di nessuno strumento o processamento, sono sinceramente appassionato e “feticista” di sintesi e trattamento audio. Dal vivo invece, per questioni di praticità e per il desiderio di “offrire qualcosa di più”, oltre a una master keyboard per suonare i Virtual Instrument (nello specifico Toxic Bio e Sylenth1), faccio affidamento anche su di un Blofeld Keyboard della Waldorf, macchina solida e molto versatile.

In una società nella quale la simbiosi tra essere umano e tecnologia è sempre più reale e diffusa cosa rappresentano per voi la cultura cyber e la cibernetica?

[Marco] – Noi siamo la tecnologia in quanto noi la creiamo, e la cultura cyber ne è la celebrazione, nel bene e nel male. La tecnologia è croce e delizia dell'uomo, poiché tanti sono i suoi fondamentali utilizzi per il progresso, e quindi maggiore ne é il benessere derivante per noi, ma di contro per lo stesso motivo ci stiamo indebolendo come esseri viventi in quanto tali, e per di più venendo sostituiti come forza lavoro e non solo. La tecnologia è la vera droga del nuovo millennio, che ci fa sentire così bene da non accorgercene nemmeno più, al modico prezzo dell'omologazione e dell'intorpidimento fisico e mentale. Non possiamo più farne a meno, se di colpo tutta la tecnologia collassasse la maggior parte di noi morirebbe in pochi giorni. Quindi benvenuta cibernetica, benvenuto progresso e benvenuta tecnologia, quanto ti odiamo per ciò che ci stai facendo eppure quanto ti amiamo per ciò che ci dai in cambio.

[Stefano] – La tecnologia è già estensione dell'essere umano, di tutti i suoi pregi e difetti, come fosse un quinto arto in continua via di sviluppo, e più progredirà la tecnologia, più le interazioni tra uomo e macchina saranno profonde, toccando forse anche campi quali l'etica e le politiche sociali. Non possiamo sapere né come, né quando tutto questo succederà, proprio come anni fa erano inimmaginabili tecnologie ora alla portata di tutti. Quindi, non posso dare un nome o una definizione a tutto questo, ma trovo che sia fonte di un immaginario artistico molto prolifico, proprio perchè in questo caso il non-conoscere è immaginare.

Il vostro primo LP “Crashdown Connected” è appena uscito (poco più di un mese fa) e so che siete già al lavoro su del nuovo materiale. Quali sono i progetti per il futuro?

[Stefano] – Semplice: scrivere e suonare, sempre di più. Le idee sono tante.

[Marco] – Oltre a cercare date per fare più concerti possibile, che a noi piacciono maledettamente, stiamo scrivendo un nuovo EP, che uscirà sicuramente entro l'anno, e salvo cambiamenti dell'ultim'ora sarà autoprodotto come i nostri lavori precedenti. Altri remix a nome nostro usciranno a breve, e magari anche qualche altrà novità che per ora non sveliamo... Inoltre, abbiamo un nuovo album intero già scritto e registrato, pronto per un master professionale: è un concept come “Crashdown Connected”, anche se le tematiche saranno come al solito svariate... Questo album lo faremo uscire a tempo debito, quando l'interesse per la band da parte di pubblico e addetti ai lavori sarà alto, in quanto crediamo davvero che questo lavoro che per ora teniamo segreto possa dare un'ulteriore grossa spinta al nome della band. Quindi, se questo futuro grande album non uscirà, in definitiva sarà colpa vostra!

 

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